Heidi, una mucca da latte, racconta la sua storia/bigger>

Red: “Bene,
allora possiamo cominciare”.
Heidi: “Venni concepita, nacqui e crebbi nel mondo oscuro di
un’azienda di produzione del latte. All’età di 18 mesi venni
inseminata artificialmente, in modo che mettessi al mondo un
piccolo. Il mio proprietario acquistó allo scopo lo sperma
refrigerato di un cosiddetto toro di prima classe, selezionato nel
catalogo per corrispondenza di un’azienda specializzata. Da questo
toro erano già state fecondate circa 65.000 mie compagne di
sofferenza.
Dovetti ingoiare un paio di preparati ormonali, affinché lo sperma
mi potesse fecondare con certezza.
All’età di 27
mesi portai alla luce un vitellino robusto al quale diedi il nome di
Moritz. /bigger>/bigger>/bigger>Pesava 40 chili, una
prestazione di tutto rispetto per una giovane madre come me, dato
che, secondo i criteri umani di crescita, sarei stata una
l’equivalente di una ragazza quindicenne.
Mi sono naturalmente molto rallegrata della nascita di mio figlio.
Tuttavia la mia gioia materna durò solamente un paio d’ore.
Dopodiché il mio piccolo mi venne strappato con forza. Non so che
cosa gli sia accaduto. Udii ancora per giorni il suo richiamo verso
di me, dato che venne allevato nello stesso edificio dove anch´io mi
trovavo rinchiusa. Piansi a lungo e chiamai piú volte disperata mio
figlio. Siccome non smisi di gridare venni picchiata ed insultata.
Non vidi mai piú il mio piccolo. Una mia amica mi raccontó che
Moritz veniva allevato e cresciuto con del latte artificiale. Venne
in questo modo ingrassato e portato, alla tenera etá di poche
settimane, da un uomo che con un dardo metallico dilanió il cervello
del mio piccolo, appese il suo corpo per una zampa, gli squarció la
gola con un coltello affilato, e una volta dissanguato lo fece a
pezzi mentre era ancora caldo.
I pezzi di cadavere
del mio piccolo Moritz, che sono considerati prelibati e teneri
dagli uomini, vennero acquistati e preparati come delicatezze in
occasione di festivitá nel cerchio familiare o di inviti
particolari. Non potevo credere che il mio padrone, che spesso mi
accarezzava e mi parlava, potesse fare tutto ció. Non potevo
semplicemente crederci. Non puó essere – pensai. Ma oggi so che
questa è la triste realtá anche per le altre mie amiche mamme.
Red: E’ una storia incredibile! E poi come proseguí?
Un macchinario venne attaccato alle mie mammelle affinché mi
venissero succhiati oltre 30 litri di latte al giorno che poi
portavano via con un camion.. Il mio piccolo non ricevette mai il
mio latte.
Ogni giorno vegetavo nel mio carcere ristretto, insieme alle mie
compagne di destino. Avevo continuamente fame e sete: l’enorme furto
di latte quotidiano mi toglieva tutte le forze!
La maggior parte del cibo che ingerivo serviva a farmi produrre il
latte.
La superficie su cui giacevo per 12 ore al giorno, per ruminare o
per dormire, era solo poco più grande di uno dei vostri letti. Il
terreno calpestabile del nostro carcere, che condividevo e condivido
tuttora con circa 200 mie colleghe, è coperto di escrementi, dato
che non abbiamo altrimenti un’altro luogo dove scaricarci. In un
canale che scorre lungo la superficie calpestabile si trova un
grande urinatoio che raccoglie ogni cosa: puzza in modo orribile ed
è pieno di mosche e di altri parassiti…Vorrei scappare da questa
camera di tortura; sogno verdi distese, il vento ed una grande palla
in cielo che mi riscalda. Non so assolutamente se ció esiste nella
realtá.
Red: Heidi, come´è la sua giornata tipo?
Vengo munta, poi mangio qualcosa, poi rumino, poi dormo, poi
vengo di nuovo munta, mangio di nuovo qualcosa, rumino di nuovo ciò
che ho mangiato, dormo un po’ e tutto daccapo, ogni giorno, ogni
giorno…
Non capisco perché gli uomini si comportano così. Io non voglio
mangiare così tanto ma sono costretta perché il consumo di energia
dovuto alla mungitura mi sfinisce. È davvero una sensazione
orribile.
Red: Come poté superare la perdita di Moritz?
Non ebbi troppo tempo per questo. Già due mesi dopo il parto di
Moritz venni di nuovo fecondata artificialmente ed ebbi così un
doppio carico: donare il mio latte e far crescere in me un nuovo
piccolo. Questo doppio carico mi indebolì incredibilmente. E poi
avevo paura: forse me lo portano via di nuovo! Questa non è vita!
Il mio utero si infiammó, anche per via del continuo contatto con
gli escrementi carichi di batteri e con il cibo ricco di germi. La
mia febbre e la mia infezione vennero combattuti per mezzo di
antibiotici da un uomo dal camice bianco. Il mio proprietario si
arrabbiò con me perché dovette gettare via il mio latte per un paio
di giorni, a causa dei resti degli antibiotici e dei batteri
purulenti. Fui come costretta a ridivenire velocemente sana, poiché
altrimenti avrebbero fatto con me quello che hanno fatto con Moritz,
come mi disse una mia amica.
Red: Cosa accadde con il secondo figlio?
Ridivenni sana e regalai la vita ad una femminuccia. Ma appena mi
venne portata via anche la dolce Vroni, quasi impazzii. Mia figlia
venne tuttavia lasciata in vita. Ma la mia amica mi tolse subito la
consolazione dicendomi che Vroni sarebbe stata allevata per poter
prendere presto il mio posto.
Dopo due mesi venni di nuovo fecondata. Seguì una ulteriore
gravidanza sofferente, e poi la nascita di Oscar. Non ho più urlato
quando me l’hanno portato via, ho solo pianto. Ero consapevole che
non potevo fare nulla.
Red: Come si sente di fronte a tutto ciò?
Sono sfinita. La continua mungitura attraverso i macchinari e le tre
stressanti gravidanze mi hanno reso totalmente priva di energia e
senza speranza. Le infiammazioni all´utero diventano sempre piú
forti, le parcelle mediche sempre più care. Credo che verrò presto
sostituita da mia figlia Vroni, perché per il mio padrone non
rappresento più un fattore di rendita. Il mio proprietario qualche
tempo fa, quando mi venne fatta una perizia, disse ad un altro uomo
con cui dialogava che io avevo fornito, secondo i suoi calcoli,
circa 30.000 litri di latte e che per questo mi aveva
“ammortizzata”.
Come essere vivente sono ormai allo stremo e per l’uomo sono senza
più alcun valore da un punto di vista commerciale. L’ultimo incasso
che il mio proprietario fará attraverso di me sarà con la mia
macellazione. Non potrà però incassare più di tanto: la mia carne è
dura e irrigidita a causa dei miei sforzi di questi brevi anni.
Potrebbe andare bene, come ho potuto apprendere da un colloquio,
“solo per lo spezzatino o per dei wurstel”. A parte questo,
solamente un terzo dei miei pezzi vitali è utilizzabile, dato che
molti organi sono malati per via degli effetti di tutti i
medicamenti che ho dovuto ingerire. Ho appreso che vengo oggi
considerata come mucca vecchia, nonostante, come essere umano, non
avrei ancora 20 anni! Sono soltanto una “disposable cow” (una mucca
“da consumo”), come si dice in Inghilterra: per tre interi anni
quantità immense di latte e un parto dopo l´altro, poi la malattia
ed il macello.
Red: Cosa succederà di lei ora?
Mi dia uno sguardo! Sono alla fine, stremata e piena di acciacchi.
Domani, lo sento, verrò uccisa anch’io con la stessa brutalità che è
toccata ai miei piccoli. E’ stata una vita breve, orribile, piena di
paura, dolori e sofferenza.
Per favore, vi imploro di pubblicare il nostro colloquio nella
vostra rivista, in modo che gli uomini possano apprendere
dell’indicibile sofferenza di noi animali da macello e affinché il
loro cuore possa venir toccato.
Forse qualcuno potrà decidere di cambiare le sue abitudini
alimentari e di impegnarsi a favore di noi creature senza alcun
diritto. In questo modo la mia sofferenza non sarà stata vana….
Heidi, ha "rilasciato questa intervista" nella speranza di riuscire
a a smuovere il cuore indurito degli uomini.
Tradotto dalla rivista tedesca “Vegetarisch genießen” (“Gustare
vegetariano”), edita dalla casa editrice “Das Brennglass”.
Con l’autorizzazione a riprodurla (citando la fonte) in tutte le
riviste e i giornali sensibili alla sofferenza degli animali.
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