LA REPUBBLICA
2 LUGLIO 2013
"Cani ridotti a cibo per cani"
I sospetti sulle adozioni all'estero
Migliaia di animali trasferiti in Germania e in altri paesi
senza che sia neppure precisato il nome di chi li adotta. Poi
se ne perdono le tracce e si aprono gli scenari più foschi. Il
caso è finito anche all'Europarlamento, a Ischia è in corso un
processo. Le associazioni animaliste chiedono un intervento
deciso e nuove regole
MARGHERITA D'AMICO
ROMA - Agli occhi di svizzeri, tedeschi, svedesi, belgi,
austriaci, francesi, inglesi, in tema di rispetto per gli
animali noi siamo terzo mondo. Contrassegnati da corruzione,
brutalità, canili lager. Ci ritroviamo perciò sullo stesso piano
delle perreras comunali spagnole assimilate a mattatoi, parenti
delle stragi autorizzate in Romania o delle miserie e violenze
di Grecia e Turchia. Una situazione che motiva imponenti
tradotte sotto il nome di adozioni private, anche se a puntare
l'indice sono nazioni che effettuano le loro epurazioni legali
nel riserbo: invisibili camere a gas, cani e gatti ceduti alla
vivisezione, bordelli in cui se ne abusa sessualmente. E non
basta. In un'interrogazione del 2011 dell'europarlamentare
Cristiana Muscardini, vicepresidente della Commissione commercio
internazionale, si chiedevano lumi sulla movimentazione
internazionale di randagi ipotizzandone la macellazione. Il
sospetto più diffuso, motivato anche dal forte incremento di
intolleranze alimentari fra gli animali domestici. è che la
carne di cani e gatti possa servire alla produzione di mangimi
destinati ai loro simili più fortunati. Fra i controlli
cosiddetti di qualità sembra mancare quello adatto a stabilire a
quale specie appartenga la carne, dando per buone le
autocertificazioni aziendali. Quanto al traffico della droga,
anche nelle pinete tirreniche sono stati rinvenuti i corpi
squartati di cani usati come inconsapevoli corrieri, né si può
escludere che parecchi randagi finiscano alla produzione di
pelli e pellicce.
La contraddizione. Gli animali partono verso regioni del
Continente dove, ci viene spiegato, il randagismo non è mai
esistito perché oltre a uccidere si sterilizza a dovere. Qui una
pietà diffusa indurrebbe i cittadini a incamerare orde di
meticci paralizzati, malati, anziché evitare l'eutanasia ai
propri. Molti dubbi e poche prove, ma considerando l'argomento
minore, o scomodo, a dispetto di segnalazioni e denunce da tutta
Italia si archivia con facilità, o si omette di indagare a
fondo. Forse anche scoraggiati dalla scarsa collaborazione
oltrefrontiera. Una delle due rogatorie internazionali avanzate
durante la fase istruttoria di un processo - unico
sull'argomento - in corso a Napoli riguardo i randagi di Ischia
a lungo esportati e volatilizzati in Germania, è rimasta senza
riscontro. A Verona, nel 1995, si indagò per verificare nomi e
indirizzi a cui erano stati inviati cento cani. Gli intestatari
risultarono tutti falsi o morti, ma la faccenda fu presto
dimenticata.
Gli animali in uscita sono così numerosi, e da tanti anni, che,
pure ve ne fosse l'intenzione, è utopistico verificare che
abbiano davvero trovato famiglia. Migliaia, centinaia di
migliaia; non esistono risorse né condizioni materiali per
effettuare regolari tour del nord Europa, entrando nelle
abitazioni private. In alcuni casi, chi esporta intasca pure i
contributi erogati da alcuni Comuni italiani per promuovere le
adozioni; alcune Asl poi concedono gratuitamente passaporti che
di solito hanno un costo. Per i cani, s'intende, poiché i gatti,
privi di anagrafe, viaggiano senza nemmeno il microchip:
invisibili.
Spesso, ormai, non ci si perita neppure di indicare l'adottante
straniero, nome e cognome; l'associazione esportatrice s'intesta
direttamente gli animali, per trasbordali in canili fuori patria
e proporli su siti specializzati ancor prima del loro arrivo: la
tassa di riscatto che dovrebbe servire a rimborsare le spese può
arrivare fino a 400 euro. "Si fomenta lo sdegno verso i nostri
canili, avallando continui trasferimenti di animali. C'è chi
s'impegna in demonizzazioni che vanno ben oltre l'effettiva
criticità di certe situazioni", dice Maria Teresa Corsi,
presidente della Lega nazionale per la difesa del cane di
Galatone, in provincia di Lecce. "I luogotenenti dei trafficanti
arruolano ragazzi giovani, che desiderano un futuro migliore per
gli animali. I volontari offrono accoglienza provvisoria,
ripuliscono i cani dalle zecche, ma non appena vogliono sapere
con maggior precisione dove sia finito l'esemplare che hanno
accudito subentra 'la privacy dell'adottante'. Se insistono
sono fuori". "Come prova mandano solo foto, fatte in serie. Sul
cuscino, nell'erba, mai la faccia della persona che ha
adottato", aggiunge Maria Teresa. "Oppure qualcuno se li intesta
in Italia per prenderli dal canile e subito dopo li cede. A
Lecce c'è chi oggi avrebbe decine di cani, si va avanti per
deleghe: è illegale. Dal 2003, con l'ausilio delle forze
dell'ordine, siamo riusciti a bloccare quattro grandi
trasferimenti".
La scoperta. Giuseppe Moscatelli, guardia zoofila Enpa a Terni,
da anni si scontra con il fenomeno delle adozioni
internazionali. "Ho iniziato con il canile Colle Arpea a Rieti.
Lì 282 cani ridotti come larve facevano da copertura al
movimento dei randagi, catturati e trasferiti in Germania ogni
settimana. La struttura aveva convenzioni con almeno 80 Comuni
laziali, ai cani neppure si controllavano i microchip per
appurare che non fossero smarriti tanto da far sospettare furti
su commissione. In seguito Colle Arpea fu chiuso, gli ospiti
residui trasferiti a Nord. Quindi la partita si è spostata in
Umbria, al rifugio privato di Stroncone", continua Moscatelli,
"nel marzo 2012 la struttura finì sotto sequestro amministrativo
e fui nominato custode aggiunto. Mi adoprai per arginare la
fuoriuscita di animali pretendendo documentazione rigorosa. Per
questo ho subito intimidazioni, pedinamenti, assurdi esposti".
Anche i coniugi Viotti, titolari un rifugio in convenzione
vicino Tivoli, raccontano quel che assomiglia a un assedio
intanto che alcuni comuni da quasi un anno hanno smesso di
pagare: "Si verifica quanto minacciato da chi insiste per
mandare all'estero i nostri cani: 'Vi faremo chiudere'. Da
principio ci fidavamo di queste persone, provenienti da diversi
gruppi. Si presentavano col placet delle autorità. Poi qualcosa
non quadrava. Hanno iniziato portandoci via una ventina di cani,
quindi hanno seguito altrettanti gatti, consegnati a una signora
di Terracina. Quando l'abbiamo richiamata ha detto che erano già
andati a riprenderseli: 'Non mettetemi in mezzo, ho dovuto
farlo'. Ci hanno diffamati facendo circolare su internet che
teniamo male gli animali: niente di più falso e riteniamo che le
successive ispezioni sanitarie l'abbiano dimostrato".
L'inchiesta. Nel 2006, grazie alle denunce animaliste e alla
determinazione della pm Maria Cristina Gargiulo, si apre
un'inchiesta sfociata nell'unico procedimento giudiziario mai istruito su un caso del genere. Un processo che procede
vergognosamente a rilento - si avvicinano i tempi di
prescrizione - presso il Tribunale di Napoli. Nella fase delle
indagini si appurò che i presunti adottanti dei randagi che
partivano dal canile di Panza, a Forio d'Ischia, non esistevano.
I tanti animali partiti per la Germania erano spariti sullo
sfondo di loschi movimenti di denaro. I cinque responsabili
della struttura furono rinviati a giudizio con gravi capi
d'accusa, mentre ai rappresentanti delle Asl fu imputato il
semplice falso ideologico. A dispetto dello scandalo, nel 2007
il rifugio passò a una nuova associazione tedesca che vanta
decine di punti di raccolta e smistamento cani e gatti in
Europa. "La fresca gestione rinunciò a un credito di 62.500 euro
in cambio di 51 cani, per riprendere indisturbata l'invio di
animali all'estero", racconta Maria Pagano, attivista di Una -
Uomo natura animali - di Ischia, che assieme a Pass Pro Natur a
ha condotto la lunga battaglia contro le tratte del canile
ischitano.
Chi dovrebbe controllare. "Spetterebbe all'Unione europea
stabilire regole secondo cui gli animali non siano considerati
merce", dichiara Paola Tintori, presidente dell'Enpa di Perugia
e docente di Matematica Finanziaria presso l'ateneo
dell'università umbra. "L'Enpa dice un no netto ai trasferimenti
da canile a canile. Ma non possiamo opporci, come cittadini
comunitari, alle adozioni individuali. Con la delega dei Comuni,
in base all'art 998 UE, si possono portare via fino a cinque
cani a testa, anche in auto". Oltre però le regole Traces (Trade
Control and Export System, piattaforma informatica veterinaria
comunitaria che dovrebbe segnalare, certificare e verificare
esportazioni, importazioni e scambi di animali e prodotti di
origine animale) prevedono che al momento del rilascio della
documentazione necessaria al viaggio per un numero di cani
superiore a cinque l'autorità sanitaria di un paese mandi
comunicazione per via informatica all'autorità omologa del paese
di destinazione. "Poiché in ambito europeo le norme su animali
d'affezione e randagismo sono diverse, è la stessa UE che
dovrebbe lavorare a un'omologazione normativa e farla poi
rispettare".
"Non c'è da meravigliarsi se in Germania i canili non sono mai
affollati, dato che l'eutanasia per i randagi è applicata in
modo ben meno restrittivo che in Italia" commenta Maria Pagano.
"La Tierschutzgesetz, legge tedesca per la protezione degli
animali, ne permette la destinazione alla sperimentazione a
dispetto dei riconosciuti protocolli che circoscrivono genere e
provenienza dei soggetti da impiegare. Si deroga nel caso di
indisponibilità delle specie richieste, ripiegando su cani e
gatti importati dall'estero. Norme applicative permettono
inoltre ai privati la cessione di animali malati ai test di
laboratorio".
Non vige, in ogni caso, condizione di reciprocità giuridica fra
le regole di gran parte degli altri paesi occidentali e la
nostra 281/91, che vieta di uccidere i randagi e di cederli alla
vivisezione. "Abbiamo preparato una proposta di legge che
proibisca le adozioni all'estero, puntando proprio
sull'illegittimità di mandare i nostri animali in paesi dove
rischiano soppressione e torture" dice Walter Caporale,
presidente degli Animalisti Italiani, mentre Susanna Chiesa,
presidente di Freccia45, aggiunge: "Siamo in disaccordo con chi
trasferisce cani dall'Italia verso stati stranieri, non ve n'è
alcun bisogno. Varie volte abbiamo appreso che l'invio di cani
in Svizzera si era concluso con la loro soppressione. Senza
tener conto dell'incubo vivisezione, attuale e da tenere sempre
presente. A maggior ragione dal 2010, quando in Europa è stata
ratificata la sperimentazione sui randagi, da noi proibita".
Serve una legge. "Per opporci ai trasferimenti all'estero non
abbiamo lo strumento giuridico" dice Rosalba Matassa
coordinatrice dell'Unità operativa per la tutela degli animali,
lotta a randagismo e maltrattamenti del Ministero della Salute.
"Sulla scia delle nostre proteste la Svizzera si è attivata per
prevedere, come noi, l'obbligatorietà di iscrizione dei cani
all'anagrafe. Abbiamo quindi fatto richiesta di istituire un
tavolo di lavoro con i ministeri degli Esteri e degli Interni,
che serva a regolamentare questa circolazione problematica, a
garantirne le procedure".
Dal profondo Sud alle Marche, non c'è regione che non veda
partire flussi massicci di animali. Quotidianamente i randagi
oltrepassano le frontiere senza incontrare fermi o controlli.
Benché così progredita e garantista, la nostra 281/91 non impone
in modo abbastanza perentorio le sterilizzazioni. "E' un
disperante circolo vizioso. I canili si riempiono a spese della
collettività. Si arricchiscono i gestori delle strutture e
insieme prosperano i trafficanti, che le svuotano permettendo al
sistema di perpetuarsi" sottolinea Maria Pagano. "Un
perfezionamento normativo dovrebbe punire in modo severissimo
chi fa business con gli animali oltre Comuni e Asl inadempienti.
Suonerà impopolare, ma andrebbe pure ridimensionato lo
strapotere concesso alle associazioni. Buone o cattive,
dovrebbero fornire la loro collaborazione senza gestire il
problema randagismo in sostituzione delle istituzioni assenti".
Di fatto, solo chi ha conosciuto da vicino gli animali è in
grado di riconoscerli in un momento successivo, così i volontari
meno ingenui vengono estromessi dalle strutture, espugnate in
tutta Italia da chi organizza gli esodi. Sono terreno fertile
strutture malviste, in odore di sequestro, e in generale i
rifugi in convenzione: si propongono ai Comuni liberatorie
scorciatoie con la possibilità di alleggerire la spesa per i
randagi, anche a costo di non saperne più niente.
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