|
Da cinque anni Laura Fabbri, 30
anni, romana, lotta contro i maltrattamenti degli
animali. Nella seconda metà del 2003 ha rivolto la sua
attenzione alla zona di Poggio Mirteto, dove ha scattato
le foto di questa pagina. Ecco la sua testimonianza.
di LAURA FABBRI
Poggio Mirteto (RI)
«...
l'atteggiamento zoofilo è un fatto culturale e come tale
investe le istituzioni ad ogni livello» (Circolare del
Ministero della Sanità n.9/92). Quindi: prevenzione,
informazione, controllo, indagini e rispetto delle norme
legali per la tutela degli animali, da parte di tutti
gli organi di competenza preposti e dei cittadini
stessi. Ma rispetto al maltrattamento sugli animali
ancora diffusissimo nel Lazio, la campagna di Poggio
Mirteto, purtroppo, non segna alcuna differenza!
«Qualunque atto di crudeltà commesso nei confronti di
animali sia in luogo pubblico che privato, è punito con
le sanzioni previste dalla legge» (Articolo 19, comma 4,
Legge regionale 34/97). Raramente questi articoli di
fatto vengono applicati. Raramente gli organi di
competenza sembrano espletare i doveri imposti dalle
leggi vigenti, e sembra quasi che evitino accuratamente
di accertare, in concreto, la sussistenza di atti di
crudeltà attraverso puntuali sopraluoghi nelle proprietà
private in cui sono detenuti animali.
L'articolo 3 del Dpr 31 marzo 1979 attribuisce ai Comuni
la funzione di vigilanza sull'osservanza delle leggi
relative alla protezione degli animali. Il Comune in
primo luogo quindi, attraverso i suoi organi di
competenza, dovrebbe farsi paladino e garante di una
responsabilità legale, morale, civica e civile da parte
di ogni singolo detentore di cani. Oltre che incentivare
una responsabilità etica, professionale e deontologica
su chi in questi settori opera quotidianamente. Si
dovrebbe voler porre un punto su vergogne e oscenità
simili. Si dovrebbe annullare quest'aura di passività
dinanzi a crudeltà così manifeste. Una efficace
operatività sul campo controllerebbe e limiterebbe di
certo l'avverarsi di simili episodi. In questi luoghi
sembra che leggi in difesa degli animali esistano, non
per essere severamente rispettate, ma per essere
ricordate solo quando arriva sulla scrivania una
accorata richiesta di intervento per un animale detenuto
in condizioni spettrali. Se nessuno denuncia, scrive,
fotografa, richiede un sopralluogo, nessuno vede,
nessuno agisce, nessuno si adopera affinché simili casi
non si ripetano. Il modus operandi previsto dalle
istituzioni si snoda in un excursus estenuante e
flemmatico. La Asl ti chiede - come da procedimento,
questo sì che è rispettato! - di scrivere una denuncia
per accertare il danno. Ed allora si scrive, si
denuncia, si testimonia, sospinti dal fuoco sacro degli
ideali e dalla fiducia (mal)nutrita. Si deve essere
davvero dei puri di cuore per non demordere dinanzi alle
inopportune lentezze, agli inadeguati ritardi e alle
risposte scontrose a vaghe che ti sciorinano. E
nell'attesa dei tempi amministrativi, gli animali
segnalati avvizziscono nel loro stesso scheletro, e
muoiono. Ma una macabra fotografia o una testimonianza
scritta, per quanto esasperata possa essere, non ha il
dono di riportare l'angosciante fruscio degli ululati
strazianti dei cani segregati per mesi interi al buio
delle cantine o i guaiti degli animali che affamati e
malati si lamentano nella eco dei vigneti. Non racconta
il suono buio del latrato di segugi da caccia rinchiusi
in anguste gabbie. Non riporterà mai il rumore sordo di
un cane che esausto si trascina tra anelli di catena e
pelle vuota. Non fa esalare l'odore fetido di occhi
piagati e sanguinolenti di un "cane-cosa", mai medicato
per ignavia, pigrizia e ignoranza del suo padrone. E non
descrivono l'odore dell'orina che scorre tra le cosce
ritratte di un cucciolo quando, dinanzi agli stivali
dell'agricoltore che lo "governa", si nasconde per paura
violenta, nel suo "riparo": un bidone tagliente e
arrugginito, disteso nel fango. Se va bene. Sennò,
niente.
«Chiunque incrudelisce verso animali o senza necessità
li sottopone a strazio o sevizie o a comportamenti e
fatiche insopportabili per le loro caratteristiche (...)
o li detiene in condizioni incompatibili con la loro
natura o abbandona animali domestici o che abbiano
acquisito abitudini della cattività è punito con
l'ammenda da lire due milioni a lire dieci milioni»
(articolo 727 Codice Penale): non mi interessa più
sapere che esiste una legge articolatissima, se poi è
così raramente applicata. Non interessa a me e non basta
più agli animali, cani in primis. Più affondo la lama e
più la lama affonda in questo corpo putrefatto di
ingiustizie e di incoerenza. Mi chiedo, con profonda
delusione, a cosa serva il codice penale se poi chiunque
a tutt'oggi può di fatto agire deliberatamente come se
non esistessero. Senza esserne toccati, mai. Chiunque si
occupi da tempo del soccorso di animali lo sa bene,
perché lo ha visto sul corpo e negli occhi dei cani che
ha salvato. Lo ha testimoniato con le coazioni a
ripetere dei continui soprusi. A Poggio Mirteto poi,
pare che non esista una logica pianificazione di
sterilizzazione su randagi e cagne padronali che
puntualmente incontrollati drammaticamente si
accoppiano. Partorendo morte e dolore. I cuccioli nati
vengono spesso uccisi a mani nude, affogati nelle
fontane, soffocati, sepolti vivi. Qui, se un cane
rincorre una gallina, non lo si educa, lo si incatena a
vita. Se la azzanna, lo si impicca, lo si sgozza, gli si
spara. Al cuore o alla testa. Se il proprietario è un
buon tiratore, altrimenti sul costato, sulle zampe,
sull'addome, finché non atterra al suolo. Ma questa è
(forse) la legge, e così funziona a Poggio Mirteto.
Certo queste sono solo le mie parole. Solo le mie
fotografie. Solo il mio urlo di dolore e di totale
disapprovazione. Questa è solo la mia disperazione, le
mie lacrime mai cadute dagli occhi, ma dalla china.
Questa è la mia nausea, la mia stanchezza, il mio
disagio di vedere non-agire, mai. Ci vorrebbero i fatti,
perché gli uomini non credono finchè non vedono. Ma
anche quando vedono, continuano a non fidarsi.
I maltrattamenti, a quanto pare, ancor prima di una
responsabilità comunale e di una utile prevenzione
veterinaria, hanno bisogno di prove, di denunce e di
tempo, di scritti e di attese. Di perseveranza e
pazienza da parte mia, e di tutta la tolleranza al
dolore da parte degli animali. I fatti, hanno bisogno di
tutta la vita di un cane.
|