Egregi signori.
Le pellicce non sono gentili, sono orrore e sangue. Per un giaccone di
volpe ci vogliono circa 20 animali, vissuti in gabbie ristrette, al freddo
e con le zampette tagliate dalla rete, perchè a questi esseri non è
permesso toccare il suolo. 20 animali che nascono e vivono in un lager
dove l'unica cosa che conta è la lucentezza del loro pelo. Anche la morte
sarà terribile proprio perchè la paura possa drizzare ogni singolo angolo
di quella preziosa e morbida pelliccia che verrà indossata da esseri
dall'anima vuota.
E' davvero ora di crescere per l'uomo, di dimenticarsi delle fredde
caverne e di doversi proteggere con pelli animali. Esistono migliaia di
tessuti alternativi ricavati dal petrolio e dalle fibre vegetali: è
possibile ancora torturare gli animali per ripararsi dal freddo o per
mostrare di essere più ricchi in una sola famiglia rispetto a un grande
villaggio africano?
Un inchino alla saggezza del dott. Aurelio Marino. Ma quanti possiedono
questa dignità?
In questo periodo elettorale quanti sono i politici con il progetto di
distruggere la perfidia umana contro gli animali?
Semaforo rosso quindi all'ignoranza umana e alla totale mancanza di
sensibilità verso la sofferenza di altri viventi.
........................................GRUPPO BAIRO Onlus
www.bairo.info
Firme dei sostenitori del messaggio: p.s.
articoli di cronaca in allegato
AVVENIRE - 8 GIUGNO 2004
semaforo rosso
Pellicce, crudeltà e strani
giudici
La lotta,
questa volta, non è per la pelle dell'orso, ma per le più gentili
pellicce di volpe, ermellini & co. Un giudice di Genova respinge la
richiesta di danni avanzata da una signora contro il condominio,
colpevole, a causa di una infiltrazione del 1992, di aver danneggiato le
pellicce della signora. E il giudice (animalista) rincara ipotizzando
che la signora potrebbe essere penalmente perseguibile (crudeltà verso
gli animali) avendo acquistato la pelliccia. Per una volta il semaforo
non sa a chi dare lo stop: meriterebbero tutti un bel rosso.
IL SECOLO XIX WEB
I pellicciai
contro il giudice animalista |
Fa discutere la
sentenza che nega il risarcimento a una donna. Il giurista: «Una
tesi ardita»
«Non siamo crudeli, ci difenderemo contro questa decisione
ingiusta» |
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Genova «Contestiamo questa sentenza e siamo pronti a fare
quanto la legge ci consente per difendere la nostra
categoria». Risponde con toni molto decisi, alla richiesta
di un suo parere, Mario Paganoni, il presidente
dell'Associazione italiana pellicceria (Api).
Ieri l'articolo apparso sul Secolo XIX ha avuto molta
risonanza tra i pellicciai che da varie parti d'Italia si
sono rivolti all'associazione che ha sede in Corso Venezia a
Milano, per chiedere di essere tutelati. L'articolo
riportava la sentenza di un giudice onorario genovese,
Aurelio Morello, il quale ha stabilito che non debbano
essere concessi risarcimenti per pellicce danneggiate, in
quanto per essere confezionate, vengono maltrattati animali
selvatici. La causa civile era stata presentata da una
signora che abitava in via Rimassa e che nel 1992, a causa
di un nubifragio, ebbe danneggiate le sue numerose pellicce.
Le stesse erano custodite in un armadio in cui era entrata
acqua a causa della forte pioggia che era penetrata da un
balcone non era perfettamente impermeabilizzato. La signora
chiedeva al giudice che il condominio fosse condannato a
pagarle i danni.
La causa, durata dodici anni tra accertamenti peritali e
rinvii, è approdata a sentenza lo scorso maggio. Il giudice
ha sì condannato il condominio a pagarle i danni che si
erano verificati nell'appartamento, ma non quelli subiti
dalle pellicce. Secondo il giudice, che si è riferito
all'articolo 727 del codice penale dove si elencano le pene
riservate a chi maltratta gli animali, i danni alle pellicce
non sono risarcibili.
Mario Paganoni, presidente dell'associazione pellicciai, è
stato raggiunto ieri a Helsinki dove si trovava per
partecipare a un'asta di pelli preziose. E alla notizia
della sentenza, si è detto molto perplesso e ha commentato
che il verdetto gli sembra penalizzante per la signora che
ha subito il danno: «Il giudice può pensare quello che
vuole, ma deve rispettare la legge - ha spiegato Paganoni -
Le crudeltà di cui parla nella sentenza non ci risultano
vengano mai messe in atto: se vuole lo possiamo portare con
noi a controllare gli allevamenti di animali da pellicce. Si
trovano soprattutto in Scandinavia e in Canada, Paesi in cui
i maltrattamenti degli animali sono severamente puniti».
Ma che cosa ne pensa, di questa sentenza che ha fatto molto
discutere, il giurista? Lo abbiamo chiesto al professor
Andrea D'Angelo, docente di Istituzioni di diritto privato
alla Facoltà di Giurisprudenza di Genova. «Mi sembra una
tesi ardita - ha commentato il docente - Chi è proprietario
di un oggetto, di quello cioè che in senso giuridico viene
definito un bene, ha diritto di essere risarcito se questo
bene viene danneggiato. Al di là di ogni altra
considerazione. Se poi sia un reato acquistare una pelliccia
non è certo un fatto che debba essere discusso in una causa
di questo tipo».
Che cosa ne pensa il penalista? Lo abbiamo chiesto
all'avvocato Camillo Ciurlo del Foro di Genova: «L'articolo
727 del codice penale a cui si riferisce il giudice nella
sentenza è diretto a tutelare gli animali in quanto tali:
non sanziona la loro uccisione ma eclusivamente
l'incrudelimento e le torture usate contro di loro. Su un
piano strettamente giuridico le motivazioni sviluppate dal
giudice mi sembrano poco consistenti, ma su un piano
strettamente emotivo e morale tali argomentazioni possano
essere condivisibili».
Elisabetta Vassallo
08/06/2004
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La Sentenza
Animalista Fanatismo giuridico sulla pelle del visone |
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La recente sentenza del giudice onorario di Genova, Aurelio
Morello (che oltre a definire «non risarcibili» i danni
richiesti da una signora per le sue pellicce danneggiate da
un nubifragio, giunge a sostenere che gli acquirenti di
pellicce dovrebbero essere perseguiti in base all'art. 727
del Codice penale sui maltrattamenti degli animali), è un
esempio di come le più nobili intenzioni - rispetto degli
animali, condanna della crudeltà - possano condurre agli
esiti più sconcertanti.
Intanto non è affatto rassicurante che il giudice, «noto
animalista», emetta una sentenza che intende insieme
rispecchiare e inculcare la sua particolare etica. E se
fosse stato un noto xenofobo? Avremmo dovuto attenderci una
sentenza ispirata all'ideologia di Gobineau? E, nel caso di
un noto femminista, un appello alla metafisica della
differenza sessuale? Il magistrato è chiamato ad applicare
la legge non a esortare alla virtù.
Se fanatico è colui che pretende che la propria visione del
bene diventi il dovere di tutti, la sentenza perfeziona il
fanatismo trasferendolo dal piano morale a quello giuridico.
*membro del Comitato nazionale di bioetica
LUISELLA BATTAGLIA
08/06/2004
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