L'animale nel circo è uno schiavo, un
automa: non può permettersi di sfidare
il padrone o fare un passo falso.
L'animale che commette il minimo errore
imparerà a ubbidire nel modo più duro
possibile. Le punizioni saranno
esemplari, impossibile dimenticarle.
Alcuni di loro non imparano mai,
la volontà non può essere piegata, così
muoiono per le ferite o semplicemente
per inedia perchè sono talmente
disperati e rassegnati che non riescono
più a mangiare.
Nel lungo periodo necessario per piegare
la volontà di un animale si arriva
anche a togliergli acqua e cibo. "Alla
lunga" - ha affermato un domatore -
"devono assecondare l'uomo o
morire". Alcuni forse, i più fortunati,
scelgono la morte. Quando si spengono le
luci e il tendone si chiude, rimangono
le gabbie ma, soprattutto, rimangono gli
animali a cui è stato tolto tutto, a cui
è stata tolta la dignità.
Noi
trattiamo gli animali con
condiscendenza, come se fossero creature
incomplete alle quali un tragico destino
abbia imposto delle forme molto
inferiori alle nostre. E li' e' il
nostro errore, il nostro grave errore.
Perche' non si devono misurare gli
animali col metro dell'uomo. Sono
creature complete e finite, dotate di
un'estensione dei sensi che noi abbiamo
perso o non abbiamo mai posseduto, e che
agiscono in ottemperanza a voci che noi
non udremo mai. Non sono per noi dei
fratelli inferiori; non sono degli
schiavi. Appartengono ad altri gruppi
viventi, presi, insieme a noi, nella
rete della vita e del tempo. Sono nostri
compagni di prigionia nello splendore e
nel travaglio di questa terra.
- Henry Beston (scrittore americano)